Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi. È questo il succo della sentenza pronunciata questa mattina a Lussemburgo dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a conclusione della vertenza iniziata nel 2017. Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, nell’esprimere apprezzamento il pronunciamento della Corte, ricorda che “la federazione è intervenuta nel giudizio al fianco dell’Agenzia delle Entrate per promuovere la trasparenza del mercato, nell’interesse di tutti gli operatori, perché l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”. “La sentenza odierna segna un punto importante – prosegue il presidente degli albergatori – ma resta del percorso da compiere. I prossimi passi toccano al Consiglio di Stato, che dovrà pronunciarsi recependo la sentenza europea, per consentire poi all’Agenzia delle Entrate di recuperare le imposte non pagate durante sei anni di sfacciata inadempienza, applicando le relative sanzioni.” “In parallelo – conclude Bocca – chiediamo al Governo e al Parlamento di mettere ordine nella giungla degli appartamenti ad uso turistico, che si nascondono dietro la foglia di fico della locazione, ma in realtà operano a tutti gli effetti come strutture ricettive e quindi devono essere soggetti alle medesime regole di base previste per alberghi, affittacamere e bed and breakfast”.
ALCUNI DATI SU AIRBNB E SUGLI AFFITTI BREVI (fonte: elaborazioni Incipit consulting e Centro Studi Federalberghi su dati Inside Airbnb) Le bugie della sharing economy Ad agosto 2022, gli annunci relativi ad alloggi italiani pubblicati su Airbnb erano 440.305. L’analisi dei dati, conferma, ancora una volta, le quattro grandi “bugie” della cosiddetta sharing economy: – non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. Più di tre quarti degli annunci (l’81% si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno. – non è vero che si tratta di forme integrative del reddito. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Quasi due terzi degli annunci (il 64,9%) sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che ne gestiscono più di 6.000. – non è vero che si tratta di attività occasionali. Più della metà degli annunci (il 57,8%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno. – non è vero che le locazioni brevi tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali. La grande invasione Ciascun alloggio in vendita su Airbnb è stato indicato sulla mappa con un punto rosso; il risultato è una grande macchia, che ha invaso le grandi località turistiche, i capoluoghi, le coste, etc. |