Collaboratori di giustizia e carceri, “passare dal male al bene è possibile”
Presentato a Termoli il libro di don Benito Giorgetta “Passiamo all’altra riva” con prefazione di Papa Francesco. Sotto la lente il caso di Luigi Bonaventura collaboratore di giustizia che per sette anni e mezzo ha vissuto a Termoli
E’ il mondo complesso dei “collaboranti” diviso tra pentiti e collaboratori di giustizia al centro di “Passiamo all’altra riva”, il libro scritto da don Benito Giorgetta con la prefazione di Papa Francesco.
Il volume è stato presentato questa mattina, 5 febbraio, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta presso i locali della chiesa di San Timoteo ed è un libro che vuole squarciare il velo de male, raccontando la vita di Luigi Bonaventura, il collaboratore di giustizia che per sette anni e mezzo ha vissuto proprio a Termoli in una “clandestinità legale”.
Bonaventura, da ’ndranghetista a collaboratore di giustizia
Figlio di Salvatore Bonaventura, detto Rino, capobastone dell’omonima cosca e nipote di Luigi Vrenna (detto “U Zirru”) oltre che dei boss reggenti Gianni e Mario, Luigi Bonaventura viene cresciuto soldato con una forte educazione ndranghetistica tanto che ricorda di aver sparato per la prima volta a 10 anni.
Nel 2006 diventa collaboratore di giustizia e viene trasferito a Termoli dove passerà sette anni e mezzo della sua vita sotto copertura assieme alla moglie e ai figli.
“Nel libro – afferma don Benito nel corso della conferenza stampa – non parla espressamente di Termoli perché non gliel’ho voluto chiedere per motivi di sicurezza ma ricorda la nostalgia per la città dove ha trascorso una buona parte della sua vita”.
Dal male al bene, l’altra riva di Luigi
“Luigi è passato dall’essere operatore del male al servizio del bene. Il libro vuole essere un compendio perché contiene molte piste di riflessione e presenta una visione a ventaglio: si può restare seppelliti dai nostri errori e dai nostri limiti ma si può avere anche la capacità di risorgere dalle ceneri e da un passato tormentato come quello di Luigi.
Il suo – ha proseguito don Benito – è un grido di speranza per coloro che sentono di aver fallito e che hanno fatto del male nella loro vita perché possono sempre passare al bene”.
Una intervista di 54 domande poste a Bonaventura che sono al centro di diversi capitoli attraverso i quali “ho avuto la possibilità anche di trattare il tema delle carceri e dei detenuti”.
“Le carceri non sono delle discariche umane”
“Attraverso l’impegno nel carcere di Larino e tramite l’associazione Iktus – ha proseguito don Benito – ho avuto la possibilità di conoscere il mondo dei detenuti che non sono da considerarsi una discarica umana.
Si parla delle carceri solo quando c’è un fatto di cronaca , un atto di dimostrazione, una aggressione o un suicidio ma il carcere non è solo questo. Anzi è frequentato da persone che aspettano giustizia ed affetto”.
Allo stesso modo viene squarciato il velo di silenzio che riguarda il mondo dei collaboratori di giustizia: “sono considerati dei parassiti dello Stato perché viene garantito loro un affitto e un sussidio.
In realtà la loro è una vita di limitazioni e sono delle figure che devono essere rivalutate.
Lo stesso Luigi ha fondato una associazione che mette insieme tutti coloro che vengono chiamati collaboranti e che riguarda i testimoni e i collaboratori di giustizia, per mettere al centro le loro richieste umane e personali”.
Nel corso della sua collaborazione, infatti, Bonaventura si era mostrato mediatamente violando anche il segreto del suo stato di collaboratore di giustizia per chiedere un trasferimento all’estero e una revisione della sua condizione che non gli è mai stato accordato.
In diverse interviste pubbliche aveva parlato della sua condizione e di quella delle persone come lui. “I figli dei collaboratori di giustizia – ha rimarcato don Benito – non possono neanche iscriversi all’università benché la Costituzione garantisca a tutti il diritto allo studio.
A loro viene negato per motivi di sicurezza”.
La prefazione di Papa Francesco: “Se si sbaglia non si deve restare ‘sbagliati’”
Il libro ha la prefazione di Papa Francesco e la post fazione di don Luigi Ciotti, che ha fatto della lotta alla mafia il suo più grande impegno.
“Ho chiesto la prefazione a Papa Francesco nel corso di una delle ultime udienze alle quali ho partecipato e il Papa me l’ha voluta concedere. Il 18 febbraio sarò anche ospite di Tv2000 nel corso del programma “Il diario di Papa Francesco” per presentare questo libro.
Sono felice che si sia scoperchiata la pentola di situazioni che riguardano la criminalità che sono sempre più vicine al Molise, basti pensare a tutte le infiltrazioni che si hanno nella nostra regione.
Questo libro deve aiutare a prestare maggiore attenzione affinché la legalità nasce nel cuore e venga curata da ogni individuo perché passare all’altra riva, alla riva del bene, è sempre possibile”.
Il libro è in self-publishing, una sorta di autoproduzione, ed è acquistabile sul sito www.youcanprint.it, in libreria senza spese aggiuntive e su Amazon.