Gino Vannelli, icona pop-rock -jazz anni ’70/80 negli Usa, nelle sue vene scorre sangue molisano

Conosciamolo meglio nell’intervista realizzata nel 1977 da Gianni Boncompagni a “Discoring”
Ai più oggi il suo nome dirà poco o niente, ma se i nostri lettori hanno qualche capello bianco forse ricorderanno con un pizzico di nostalgia chi è Gino Vannelli. Di lui scrive wikipedia: è un cantante e cantautore rock canadese autore di diverse canzoni di successo negli anni ’70 e ’80. I suoi singoli più noti includono “People Gotta Move” (1974), “I Just Wanna Stop” (1978), “Living Inside Myself” (1981) e “Wild Horses” (1987).
Navigando sul web ci siamo imbattuti in una intervista che circola sui social e che ci ha subito incuriositi quando abbiamo sentito la parola “Campobasso… e poi Termoli”. Già perché questa icona del pop rock anni ’70 ’80 vanta origini molisane, termolesi per la precisione.
Lo intervistò nel 1977 Gianni Boncompagni nella sua celebre trasmissione Discoring che vi riproponiamo qui integralmente, non prima però di avervi dato qualche informazione in più su questo eclettico artista. Oggi Gino Vannelli ha 71 anni, cantante, polistrumentista, autore di testi e musiche, sin dall’inizio, ovvero prima metà dei ’70, insieme con Stevie Wonder e Al Jarreau, è il cantante che più ha portato avanti la fusione tra generi, realizzando delle musiche di straordinario spessore.
Di lui scrivono sulla pagina Facebook “Dischi da leggere”:
“Italo-canadese, ha innervato la sua musica di base pop-rock, non solo con jazz e funk (e samba), come Wonder e Jarreau, ma anche con musica classica e innesti puramente strumentali, avvicinandosi talvolta a esiti jazz-rock/progressive.
Dunque un enorme spettro musicale, che va da cantante quasi soul e confidenziale, a inserimenti e collegamenti con veloci e ampie fughe, talora complesse e aggressive. (Questi 5 minuti del brano dal vivo “Powerful People” ne sono un piccolo esempio.)
Vannelli è un cantante eccellente e le sue musiche sono contraddistinte dallo straordinario apporto tastieristico a tutto tondo (per opera soprattutto del fratello Joe, talvolta co-autore), in particolare per l’impiego del sinth per le parti di basso: fino al sesto disco (Brother to Brother) mai presente un bassista. Questo si è tradotto non solo in una resa timbrica diversa e moderna, ma anche in una scrittura ed esecuzione (nella tessitura di bassa frequenza) un po’ differenti, donando a essa un particolare sapore. Aggiungiamo che Vannelli ha posto sempre particolare attenzione all’apporto ritmico, per opera soprattutto della batteria, mentre la chitarra è poco impiegata.
Dopo l’interessante esordio nel 1973 con il disco “Crazy Life”, nei due anni seguenti realizza gli ottimi “Powerful People” e soprattutto “Storm At Sunup”. Quindi prosegue l’ascesa e nel ‘76 continua il suo periodo più fecondo, mettendo a punto le precedenti coordinate e aggiungendone di nuove con “The Gist of the Gemini” e che, passando per “A Pauper in Paradise” (‘77) e il capolavoro “Brother To Brother” (‘78), si conclude con “Nightwalker” (’81).
In seguito ha realizzato alcuni ottimi dischi, tutti contraddistinti da un’indubbia qualità musicale fosse anche solo per le sue parti cantate, sempre eccellenti”.
