Il padre gli impedisce di tornare in Italia, finisce l’incubo per una mamma molisana e il suo bimbo

Il caso seguito dall’avvocato termolese Ernestina Piscopo che ha assistito una donna molisana: il padre del bambino l’aveva costretto a restare in Romania. “Solo in quel Paese ci sono 40 casi l’anno così”

Quando ha visto la mamma, dopo un primo momento di esitazione, le è corsa incontro e l’ha abbracciata. E’ finita così, almeno per il momento, l’odissea di un bambino di due anni.

Il piccolo, figlio di mamma molisana e papà rumeno, da mesi era stato sottratto alla mamma, e trattenuto dal padre in Romania. L’odissea del piccolo è iniziata ad agosto 2021 quando il padre convince la mamma ad andare in Romania in vacanza per una decina di giorni.

“La signora era anche felice di andare in Romania nonostante le condizioni abitative non fossero delle migliori – ha affermato l’avvocato Ernestina Piscopo che assieme alla collega Tamara Evdochimov ha seguito il caso – dopo il tempo previsto, però, la vacanza si è allungata e il padre ha obbligato la mamma a restare in Romania.

In questo periodo iniziava anche qualche aggressione fisica e violenza psicologica e morale e non le veniva consentito neanche di mangiare adeguatamente aveva solo abiti per l’estate ma non poteva comprarne di nuovi. Le davano qualche abito riciclato ma nulla di più”.

Le violenze sono diventate sempre più pressanti fino a quando la signora, incinta del secondo figlio dell’uomo, non è stata costretta a tornare in Italia per partorire. Il padre, però, l’ha obbligata a lasciare il figlio in Romania e di fatto a non sentirlo più neanche.

A quel punto i genitori della donna si sono rivolti all’avvocato Piscopo. “Ad agosto sono arrivati da noi disperati chiedendo cosa si potesse fare – ha raccontato l’avvocato in conferenza stampa – abbiamo contattato l’ambasciata e il consolato italiano e siamo rimasti scoraggiati perché ci parlavano di 40 casi l’anno solo con la Romania di sottrazione o trattenimento all’estero di minore contro la volontà dell’altro genitore”.

A quel punto fondamentale è stata la collaborazione con la collega Tamara Evdochimov in collegamento dalla Romania per la conferenza stampa. “Insieme abbiamo attivato i tre percorsi: il procedimento verso la Convenzione dell’Aia, il procedimento di urgenza per avere contatti fisici e telematici con il bambino mantenendo la relazione tra il genitore e il figlio e il procedimento di merito che, però, preferiamo lasciare alla competenza dei giudici italiani”.

A quel punto è stata ottenuta una sentenza dal tribunale di Bucarest, competente per il primo grado “e siamo riusciti ad ottenere il rientro del bambino in Italia”. La sentenza è stata eseguita dagli ufficiali giudiziari rumeni “mentre la collega Tamara ha portato fisicamente il bambino e i nonni a 600 chilometri di distanza per consentire loro il rientro in Italia”.

Rientro che c’è stato il 13 aprile. Un caso che apre lo spaccato su tanti altri che vedono i bambini sottratti da uno dei due genitori. “Ci sono, però, delle attività preventive che è possibile fare: importante è non rilasciare l’autorizzazione per i documenti validi per l’espatrio. Nel caso in cui il bambino già li abbia è necessario per uno dei due genitori fare una scrittura privata in cui si precisa la data del rientro e il motivo del viaggio che è di breve durata perché una vacanza”.