“Signore ti amo”. La morte di Papa Ratzinger come cattedra della sua fede

Di Benito Giorgetta
Grazie padre santo. Non importa se emerito. Noi nella fragilità che lo ha portato alla rinuncia abbiamo letto la forza della sua coerenza. La determinazione del suo porsi al servizio della chiesa. Non più il servizio del “servo dei servi di Dio” ma un servizio vitale, necessario ed insostituibile come quello della preghiera. Non è stata una “vigliaccata” o una “codardia”, ma un atto eroico, storico, unico. La sua scelta segnerà per sempre la vita ecclesiale e, forse, ha spianato la strada per successive analoghe scelte.
Colui che si è seppellito per pregare, ha pregato fino a prima d’essere seppellito. Ora pregherà per noi “perché una stella si è accesa in cielo” (cardinale Angelo Bagnasco). Continuerà ad intercedere per la chiesa che ha servito “come umile servo nella vigna del Signore”.
Nella sua ultima udienza generale, il 27 febbraio 2013, ancora una volta ha chiarito lo spirito della sua scelta: “… Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio. Ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce…” ww
Mite, mansueto, quasi schivo. Signorile nel portamento e nei modi comportamentali. Di lui, tutti coloro che lo hanno avvicinato o sono stati suoi collaboratori, hanno testimoniato d’essere attento ascoltatore delle altrui istanze. Premuroso nell’ospitalità e nelle relazioni nelle quali andava a fondo pur castigando l’approccio nel quale trovava difficoltà nel manifestarsi con totale espansione.
Dopo la sua rinuncia al soglio pontificio, avvolto dal silenzio, è salito nel monastero “Mater Ecclesiae” per dedicarsi alla preghiera. Proprio come Mosè quando sali sul monte mentre Giosuè combatteva contro Amalek mentre lui, Aronne e Cur pregavano. “Quando
Mosè alzava le mani, Israele prevaleva, ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalek. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole” (Esodo 17, 10-12).
Le mani del papa emerito saranno sempre levate verso il cielo per intercedere, come quando era fra noi. Uno che della preghiera ne aveva fatto la sua risorsa principale, fino a nutrirsene sino alla consumazione della sua vita, certamente, intercederà per tutti noi. Per la chiesa. Per il mondo intero. Non ci resta che accettare da lui, come sua eredità spirituale, l’insegnamento che la nostra vita necessita d’essere nutrita con la preghiera per renderla bella e gradita a Dio. Anche noi, in coro, benedetti dal cielo, da Benedetto, ripetiamo: “Signore ti amo”.